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apr
29
2011

L’orso passeggia vicino a San Romedio.

Livio è un sacco che lo cerca invece è venuto lui a trovarci!!!

I politici non lo vogliono, Livio lo cerca durante le sue escursioni in montagna, e tutte le domeniche va al Santuario sperando di incontrarlo….. ma questa settimana l’orso a San Romedio ci è tornato da solo! L’incontro ravvicinato è avvenuto sul ponte di Casez con due vigili del fuoco volontari di Sanzeno e le impronte rilevate dalla forestale di Coredo sono state confermate dell’esperto del progetto Life Ursus.

Un orso, quasi certamente maschio, le ha lasciate nel campo di un maso all’imbocco della valle di San Romedio.

La visita dell’orso è avvenuta nella notte tra martedì e mercoledì ed erano le 23.30 quando l’hanno visto attraversare la carreggiata.

L’orso ha percorso in salita il campo arato il giorno prima lasciando sul terreno smosso impronte di 16 centimetri di larghezza, una misura che fa pensare ad un esemplare di almeno un quintale e mezzo.

Adesso speriamo che, dato che l’orso si è fatto vedere autonomamente nei nostri boschi, anche l’opinione pubblica lo accetti nelle nostre vallate, soprattutto perché non è pericoloso, e convive pacificamente con gli altri animali e uomini del nostro territorio.


Gli orsi in Trentino: ambiente naturale e habitat politico

A fronte dei notevoli sforzi messi in campo da parte soprattutto del Parco Naturale Adamello Brenta e della Provincia Autonoma di Trento, il problema dell’accettazione sociale rimane a tutt’oggi il maggiore fattore limitante l’affermazione della popolazione trentina di orsi.

Filippo Zibordi e Andrea Mustoni

Ci sono specie animali di cui nessuno si cura, di cui i più ignorano perfino la presenza, ancor prima che le abitudini. Pochi sono a conoscenza, ad esempio, del fatto che in Trentino vivono ben 24 specie di pipistrelli, la maggior parte delle quali sono rigorosamente protette. E chi conosce le 14 specie di anfibi o le 16 specie di rettili presenti entro i confini provinciali?

Ci sono invece animali che incuriosiscono la gente, di cui tutti si interessano: animali che sovente occupano le pagine dei giornali e sulle quali tutti sentono di avere un’opinione chiara e consolidata.

L’orso appartiene al secondo gruppo, tanto che la sua storia recente è stata condizionata in modo evidente dall’uomo e dalle sue convinzioni. Perché se da una parte proprio l’attitudine negativa e la sfida nei confronti della specie hanno condotto alla pressoché totale estinzione del plantigrado sulle Alpi, è vero anche che la sua importanza simbolica oltre che ecologica, hanno portato alla nascita di progetti di conservazione e contribuito a creare quel movimento di opinione che ha reso possibile il suo ritorno.

L’orso ieri, l’orso oggi…

Diffuso lungo tutto l’Arco Alpino fino al 18° secolo, l’orso si estinse dalla quasi totalità del suo areale nel corso dei due secoli successivi. Alla drastica riduzione dell’habitat idoneo alla specie, causata da disboscamenti ed attività agricole anche in ambiente montano, si aggiunse la persecuzione diretta da parte dell’uomo, attraverso la caccia e gli abbattimenti illegali.

Per questi motivi, a partire dalla metà del secolo scorso l’orso era probabilmente ormai presente con pochi individui solo nel Trentino Occidentale, sulle Dolomiti di Brenta, nell’area dove nel frattempo veniva istituito a sua tutela il Parco Naturale Adamello Brenta. Intorno alla metà degli anni ’90, anche l’ultimo nucleo di orsi delle Alpi Italiane era tuttavia “biologicamente estinto”, senza nuove nascite dal 1989 e ormai non più in grado di riprodursi.

Per evitare la scomparsa definitiva della specie, tra il 1996 e il 2004 il Parco Adamello Brenta ha promosso un progetto di reintroduzione (“Life Ursus”) supportato dall’Unione Europea, nel tentativo di scongiurare la scomparsa degli ultimi orsi. L’intervento – realizzato in stretta collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA) – ha portato, tra il 1999 e il 2002, al rilascio in Trentino di 10 orsi provenienti dalla Slovenia Meridionale, con l’obiettivo di ricostituire una popolazione in grado di mantenersi e riprodursi autonomamente.

Il progetto ha dato alla specie un nuovo futuro: tra il 2002 ed il 2009 sono stati accertati 18 eventi riproduttivi che hanno complessivamente portato alla nascita di 38 cuccioli. In attesa dei dati derivanti dal monitoraggio genetico promosso dalla Provincia Autonoma di Trento, si può stimare che la decina di cuccioli nati nei primi mesi del 2010 si sia aggiunta ai 25-30 esemplari presenti a fine 2009, portando la popolazione di orsi delle Alpi Centrali a superare i 35 esemplari. Questa stima non pone peraltro il nucleo al di fuori di un forte rischio di estinzione legato a fattori intrinseci (esiguo numero di effettivi, sproporzione tra sessi e classi di età, inbreeding ed eventuale scarsa variabilità genetica, etc.).

E’ infatti evidente che, a fronte di una forte vitalità, la popolazione è stata caratterizzata in questi 10 anni anche da una forte mortalità, in particolare a carico degli adulti. Parimenti, si rileva una moderata espansione dell’area occupata dai plantigradi: al di fuori del Trentino Occidentale, le segnalazioni rimangono piuttosto sporadiche e probabilmente sempre riferibili a giovani maschi in esplorazione. A questo proposito, nell’ultima ventina di anni, si è registrata saltuariamente l’occasionale comparsa nel Veneto e Trentino orientale anche di individui arrivati spontaneamente dalla Slovenia. Benché ciò confermi l’esistenza di corridoi idonei agli spostamenti dei plantigradi, tali circostanze vanno considerate come episodiche (gli orsi sono poi spontaneamente tornati “sui loro passi” o spariti) e la ricolonizzazione dell’Arco Alpino centro-orientale rimane ancor oggi solo una ipotesi lontana.

…e l’orso domani?

A distanza di un decennio dalle prime immissioni, la popolazione di orsi del Trentino è ancora ad “alto rischio di estinzione” e necessita dunque di una attenta politica di conservazione.

A fronte dell’aumento del numero di esemplari presenti sul territorio, appare tuttavia opportuno analizzare le problematiche che la nuova situazione comporta, al fine di avanzare le migliori proposte gestionali.

Da un punto di vista biologico, il progetto di reintroduzione è stato sicuramente un successo, a conferma da un lato della bontà delle ipotesi iniziali e dall’altro dell’eccellenza del territorio trentino, ancora in grado di offrire molto ad una specie importante come l’orso.

Nonostante ciò, a preoccupare ancora rimane quello che potrebbe essere definito l’“habitat politico”, ossia l’insieme di tutte le caratteristiche “non legate all’ambiente naturale” delle zone nelle quali l’orso si trova a vagare. Tra queste, in particolare, la predisposizione della gente ad accettare la presenza del plantigrado, visto in modo schizofrenico a volte come un vanto per il territorio, altre come un inutile demone assetato di sangue e altre ancora come una bandiera da usare per fini politici. A fronte dei notevoli sforzi messi in campo da parte soprattutto del Parco Naturale Adamello Brenta e della Provincia Autonoma di Trento, il problema dell’accettazione sociale rimane infatti a tutt’oggi il maggiore fattore limitante l’affermazione della popolazione trentina.

È dunque in questa direzione che la Provincia di Trento, insieme a tutti gli altri enti interessati alla conservazione del plantigrado, deve muoversi, cercando nuove forme di comunicazione che permettano di aumentare la conoscenza della specie da parte delle popolazioni residenti e perfezionando ulteriormente i criteri di rifusione dei danni già ben impostati allo stato attuale.

Parimenti, in questa fase di consolidamento e “normalizzazione” della presenza dell’orso nei nostri boschi, appare ragionevole reindirizzare le strategie di conservazione finora sperimentate, anche al fine di evitare l’avvio di una gestione occulta e illegale, condizionata dal bracconaggio come risposta al malcontento e alla mancata presa di responsabilità da parte dell’amministrazione pubblica.

I dati acquisiti in tutti questi anni nell’ambito delle ricerche scientifiche e dei monitoraggi condotti costituiscono senza dubbio elementi utili per andare nella direzione auspicata. Per favorire una positiva convivenza tra uomini e orsi sarà però necessario impostare ulteriori indagini, mirate a verificare l’evoluzione della popolazione, ad accrescere le conoscenze sulla specie in ambiente alpino e infine ad individuare nuovi strumenti gestionali, che potranno essere “esportati” anche al di fuori dei confini provinciali.

Filippo Zibordi (Parco Naturale Adamello Brenta) e Andrea Mustoni (Ufficio Faunistico,  Servizio Foreste e Fauna – Provincia Autonoma di Trento)

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